Cento, o quasi

Chiedetemi quante volte sono andato a Roma negli ultimi 40 mesi. Risposta: mai. Chiedetemi quante cose ho proposto per la Calabria: cento. O quasi”

venerdì 31 ottobre 2014

Cambio di casacca



Così scrivevo nel febbraio del 2013 in occasione delle elezioni europee (“Contare i fili con la speranza che si trasformino in corda”):

In molti mi chiedono come mi regolerò in occasione di questa competizione elettorale. Non sono un capo corrente e molti dei lettori credo conoscano la mia storia politica. Provo a sintetizzarla. Di formazione cattolica e socialista, sono stato a lungo sindaco di Castiglione Cosentino, per un breve periodo (all’epoca di Giacomo Mancini) presidente della provincia di Cosenza, poi consigliere regionale con il centro-sinistra, attualmente eletto con la lista Scopelliti, presidente della commissione regionale contro la ‘ndrangheta, non ho mai aderito al Pdl. Scappai dal partito socialista arrendendomi allo strapotere dei signori delle tessere, pure dopo aver verificato l’inoperosità e la scarsa sensibilità in materia di legalità della giunta Loiero. Molti dei disegni di legge da me studiati in materia di trasparenza e legalità, all’epoca rimasti lettera morta, sono oggi leggi.
Ripensate alla luce delle esperienze più avanzate, quelle di Libera e dell’associazionismo in prima linea, quello di don Ciotti e don Panizza. E’ il caso della n.3 del 7 marzo 2011 (sostegno alle imprese vittime di reati di ‘ndrangheta), la numero 5 (agevolazioni a favore dei testimoni di giustizia e loro famiglie), la numero 7 (sostegno ai Comuni e alle associazioni per lo start up dell’imprenditoria legata ai beni confiscati, legge che stiamo riformulando dopo le osservazioni della Consulta), la numero 39 del 4 novembre 2011 (tracciabilità informatica del procedimento amministrativo e misure per la trasparenza), più altre su cui non m dilungo per ovvi motivi di spazio.
Perché accordo alla legalità una qualche priorità logica? Lo spiega bene un anonimo funzionario indiano: “il fatto è che se non riesci a governare un’area, allora quest’area non è tua”. Sappiamo tutti che la corruzione, il malaffare, la mala-politica, l’illegalità, sono oggi fenomeni diffusi che travalicano il nostro ambito regionale. Ma come non tener conto del recente e allarmato report della Direzione nazionale antimafia? La densità mafiosa, i quasi 60 comuni sciolti per mafia, sommati ai dati della disoccupazione e agli altri indicatori socio-economici, dipingono una situazione incancrenita e non più sostenibile.  Per tornare al funzionario indiano, credo sia ben difficile governare la Calabria. Non sappiamo più di chi è.
Come tanti cittadini elettori soffro molto della riduzione della politica a un programma per evitare il peggio, per rinunciare a tutti i progetti positivi e seguire l’opzione del meno peggio. E comunque in quei programmi fatico a rintracciare un’idea per il Mezzogiorno e in particolare per la nostra regione. (…) Non resta che confidare nei fili, sparsi, con la speranza che in futuro riescano a trasformarsi in corda.

La stampa locale è sempre stata parsimoniosa nei miei riguardi, molti i tagli, il più delle volte qualche frase riportata in un pastone redazionale.
Questo è quanto scrivevo nel giugno del 2013 
(La mia Africa, 22 giugno 2013):

 “Gli interventi etico-politici li faccio sempre malvolentieri” scriveva in un’intervista di qualche anno fa Claudio Magris, autore alla ribalta in questi giorni per essere stato scelto a sorpresa per gli esami di Stato. E proseguiva: “non ho nessuna smania di compiere azioni morali. Sarei ben felice se la vita non mi ponesse mai di fronte a problemi morali”. Giusto per dire che non ci provo gusto e che non vorrei sembrare bacchettone, ma credo che la situazione politica a Cosenza sia giunta ad un punto tale da meritare una riflessione. Mettiamoci per un attimo nei panni di un cittadino che la mattina apre il giornale e legge. Legge di “schemi”, “alleanze”, di “campagne acquisti”, “papabili” e “intoccabili”. Legge di “vertici” e “malumori”, di persone che “rispondono” o che sono “vicine” ad altre. Legge che “A potrebbe essere sostituito da B per far entrare C in consiglio, il quale rafforzerebbe D”. Non vorrei scadere nella retorica della gente comune delusa dalla politica, perché - sono sempre le parole di Magris: “è come se un medico missionario dicesse: in Africa ci sono epidemie talmente colossali che me ne vado in Svezia”. (…) Osservo da sempre e con preoccupazione il perenne rischio epidemiologico, fatto di clientelismo, cencellismo e trasformismo. E’ il morbo della vecchia politica, (…). So pure che non ci sono pasticche utili a debellarlo, se non lasciarsi - e presto -  alle spalle questo modo di fare politica che allarga il fossato tra i cittadini e le istituzioni e che distrugge la reputazione della classe politica. So bene, poiché ne ho una lunga esperienza, che la politica è anche questo, che vi sono dinamiche di rappresentanza e di equilibri tra forze politiche e all’interno di esse. Ma tali equilibri, specie se su una scala di amministrazione comunale, non possono essere ridotti a computi sul numero di consiglieri, con una composizione dei gruppi che varia continuamente, discostandosi dalla volontà degli elettori. Calcoli fatti per rafforzare se stessi in previsione dei prossimi appuntamenti elettorali, (…). Creare consenso è qualcosa in più – ma soprattutto di diverso – dall’occupare posti di potere. Non sono un missionario, ma questa è la mia Africa e certo non me ne vado in Svezia.

Mi si accusa oggi di un ennesimo salto della quaglia, di trasformismo. Non nascondo un certo disagio, ma sono stato deluso ripetutamente dall’operato della compagine della giunta Loiero e ho forse avuto l’ingenuità di confidare nella novità rappresentata da un giovane e energico Scopelliti. So essere autocritico  ma sono pure un po’ testardo. 
Altro non saprei dire.
Mi rassicura il precetto di un mio amico prete: “importa cosa fai, non dove lo fai”.



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