Cento, o quasi

Chiedetemi quante volte sono andato a Roma negli ultimi 40 mesi. Risposta: mai. Chiedetemi quante cose ho proposto per la Calabria: cento. O quasi”

Vincenzo Bertolone (nota introduttiva)

Far conoscere il lavoro di un organismo istituzionale è operazione
culturale molto positiva, particolarmente in tempi come quelli
presenti che registrano un indice bassissimo di condivisione,
interesse e comprensione, da parte di un ragguardevole numero
di cittadini, dell’operato della politica e delle istituzioni. Sempre
più i cittadini si chiedono quale sia l’utilità sociale dei politici e
se non sia arrivato il momento di disfarsene o, come si dice più
sbrigativamente, di “mandarli a casa”. Dove guardare, per non
lasciarsi prendere dallo scoramento? Forse bisogna sapere andar
oltre la rappresentazione oleografica del Belpaese e volgere lo
sguardo all’Italia concreta e quotidiana, quella non fatta d’aria
o di carta, che non offre spunto per nessun titolo e tuttavia, pur
senza far notizia, vive e lavora. Questa Italia in carne e ossa, di
strade, mattoni e campanili c’è. È una famiglia che non si spacca
e non arretra, ma resiste e combatte tenacemente perché al buio
segua l’alba. I segni non mancano: dietro la crisi, figlia anche del
vuoto della politica, si nasconde, paradossalmente, una grande
richiesta di politica, di un mutamento di rotta rispetto ad un
presente in cui il dilagare d’una visione funzionale della realtà
e l’adesione acritica a paradigmi positivistici rendono arduo
costruire i necessari ponti tra l’etica e il diritto e la politica.
Ha le carte in regola, per essere in ciò d’aiuto, questo opuscolo
(così lo chiama l’autore) che al pregio divulgativo ne unisce un
secondo: l’obiettività, rigorosamente rispettata, indice di merito
sia per il politico, sia per l’uomo delle istituzioni, molto preso
dal suo ruolo di presidente della commissione antindrangheta
della regione calabra. Non vorrei sembrare eccessivamente
generoso, ma credo di poter attribuire a “Quasi cento” il valore
della concretezza, dell’essenzialità, dell’effettività, che sono
esattamente antonimi di astrattezza, indeterminatezza, verbosità.
Il Vangelo ci ricorda che il nostro parlare sia «sì, sì; no, no»: il
resto è superfluo, peggio, viene dal maligno. Salvatore Magarò
dimostra anche con questo suo senso della misura che fare politica
significa avere in primis rispetto della persona umana e mirare
a scelte giuste, a decisioni costruttive, assennate, finalizzate
al bene comune. Ecco, allora, che l’etica si sposa con l’estetica,
proprio come auspicava Ludwig Wittgenstein: «è difficile sapere
una cosa e fare come se non la si sapesse. Etica ed estetica
debbono essere tutt’uno».
Nel formulare le varie proposte di legge, contenuto e stile si
uniformano a questa regola fondamentale che, purtroppo, non è
condivisa in ambito politico e un po’ in tutti i settori dell’agire sociale.
Di proposte l’opuscolo ne elenca un’ottantina, riconducibili ad una
decina di grandi items. In ordine decrescente di frequenza: attività
antimafia, efficienza della pubblica amministrazione, interventi in
campo sociale, culturale e politico; snellimento della burocrazia;
misure in materia economica e finanziaria; interventi infrastrutturali;
tutela del territorio; immigrazione.
Condivisibile appare la scelta di non toccare esclusivamente le
tematiche legate al suo specifico incarico, ma – anzi – svolgere un
lavoro a 360 gradi.
Uno degli argomenti preferiti, anche intertematico, è la qualità
associata alla formazione, all’educazione, specialmente dei
giovani. Per due ordini di ragioni. La prima è che “la mafia
teme più la scuola che la giustizia”, come ebbe a dire Antonino
Caponnetto, citato nella proposta “l’ora di legalità nelle scuole”.
La seconda ragione fu efficacemente sintetizzata da Papa Paolo
VI: “i giovani, più che i maestri danno retta ai testimoni”. Dunque
è essenziale muoversi subito, cominciando ad affrontare a scuola
l’argomento ‘ndrangheta, di modo che un po’ alla volta gli occhi
dei ragazzi si apriranno e, lungi dal disprezzarla, vorranno
partecipare alla vita attiva, alla politica come servizio.
Ho parlato di estetica in stretta relazione con l’etica. L’autore
affronta il tema, ad esempio, nella proposta “puntare sulla
qualità della progettazione”: bisogna promuovere la domanda
di qualità nella progettazione delle opere pubbliche. La stessa
qualità, come prerequisito, stavolta è in ambito sanitario
(il secondo per numero di proposte), perché la società deve
farsi carico di una migliore tipologia di vita per chi conduce
un’esistenza grama e dolorosa, essendo minorato da gravi
disabilità. Questo miglioramento, allora, può, deve essere
arrecato dall’utilizzo di software e di altri prodotti informatici
di ultima generazione. La qualità viene invocata anche nella
proposta di «controllo qualità sulle prestazioni sanitarie», nella
«tracciabilità informatica del procedimento amministrativo»,
nella «scelta dei primari per merito e non per nomina», come
pure nella «spesa regionale».
Nell’item «società – politica – costume» mi ha favorevolmente
colpito la proposta di «obbligo di permanenza nel gruppo
consiliare in cui si è stati eletti» per tutta la durata del mandato,
per abbattere i costi della politica e garantire la permanenza
del legame tra eletto e elettori. È noto che negli organismi
rappresentativi – elettivi (quali la Regione) anche un solo
consigliere può fare gruppo a sé, percependo i fondi previsti dai
regolamenti vigenti, che ora da più parti si propone di abrogare…
Per lo stesso motivo è stata avanzata a suo tempo la proposta di
«riduzione del numero dei consiglieri regionali».
Singolare la proposta circa il «riconoscimento della Lingua
Italiana dei Segni», a dimostrazione di quanto ampio sia
lo spettro di interessi del Nostro, che nella mozione del 29
marzo 2012 propose l’«incentivazione del rispetto dei tempi di
esecuzione delle opere pubbliche», probabilmente avvilito dalla
lunghezza pluridecennale dell’esecuzione del tratto di autostrada
Salerno – Reggio Calabria, vero scandalo del Meridione. Perciò,
mentre da un lato si controllano le gare, i partecipanti, le società
e quant’altro, dall’altro è anche dimostrazione di qualità premiare
chi le regole le rispetta, anticipando addirittura i tempi di
consegna, con conseguente abbattimento dei costi.
È questo il filo logico, la filosofia che sottende a questo vasto
e variegato ventaglio di proposte e di mozioni: la difesa della
legalità, l’istituzione della premialità grazie alla logica della
qualità, la lotta senza quartiere contro ogni forma di organismo
mafioso, anche – perché no? – istituendo in Calabria la “giornata
della memoria e dell’impegno” ogni 21 marzo, anche perché una
tale ricorrenza va accompagnata da approfondimenti tematici, da
interventi di autorità civili, militari e religiose, che non potranno
non condividere la proposta di dire basta «alla mercificazione
della domenica»: come ha scritto Giovanni Paolo II nella Laborem
exercens, per quanto sia una verità che l’uomo è destinato ed è
chiamato al lavoro, però prima di tutto il lavoro è “per l’uomo” e
non l’uomo “per il lavoro”.
Sono gli elementi essenziali per la crescita di un popolo: nel
Novecento questi impulsi sono stati generati da profonde ferite,
quali le due guerre mondiali, che hanno avuto l’effetto indiretto
di veder giungere al governo delle nazioni uomini e donne
competenti e di alta qualità morale perché forgiati dal sacrificio.
Ai giorni nostri i soggetti protagonisti di quella nobile esperienza,
dai partiti ai sindacati ai luoghi della cultura, si presentano
come ridotti a schermo d’una continua e frammentata richiesta
di singoli e di gruppi di interesse, incapaci di interrogarsi sulle
proprie degenerazioni e di aprirsi ai fermenti di rinnovamento,
anche cattolici, che fioriscono nella società italiana ed il cui
capitale più importante è costituito dalle persone e dai loro
carismi.
Lasciarsi atterrire? No. Non accadrà, purché in tutti – e questo
opuscolo può esserne una base – maturi la consapevolezza che
dalla crisi e, per molti versi, dallo squallore dell’oggi non si uscirà
senza un nuovo protagonismo civile che, come Cristo circa duemila
anni fa, ponga al centro d’ogni attenzione l’uomo con le sue
aspirazioni, le sue potenzialità, i suoi doveri, i suoi diritti.

Vincenzo Bertone
Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace